venerdì 16 dicembre 2016

Gli allori del ministro (e dei giornalisti)



La saggezza popolare ci spiega che i parrucchieri vanno in giro spettinati e i calzolai hanno la suola delle scarpe bucata. Perché mai ci si dovrebbe meravigliare, allora, di fronte a un ministro con la licenza media e appena tre anni di scuole magistrali?
In molti dicono che non è la laurea a fare la differenza. Eminenti personalità del mondo della cultura non ce l'hanno. D’Annunzio non si è mai laureato, eppure lo si studia a scuola. Lo stesso vale per molti scrittori e poeti. La lista sarebbe troppo lunga, e di solito la conoscono a memoria quelli che hanno abbandonato l'università o non ci sono mai arrivati. L'obiezione principale alla figura del laureato è spesso incentrata sull'incapacità di scrivere correttamente o in modo attraente. Non ci si capacita, per esempio, come un laureato possa produrre racconti noiosissimi o manoscritti impubblicabili. Ancora una volta, per squalificare i laureati si accosta laurea alla letteratura, come se all'università insegnassero solo scrittura creativa.
A parte il fatto che la scrittura è tecnica, e la tecnica si impara con la pratica, conosco schiere di giornalisti che  hanno la cultura di una capra, la capacità analitica di un cavallo ma il ritmo e lo stile di Hemingway. La verità è che l'università resta idealmente un posto dove si cresce insieme, a contatto con le idee, con i libri e con tanti professori che diventano un punto di riferimento per giovani curiosi e spigliati. Ancora prima di immagazzinare nozioni e conoscenze, l'università insegna a pensare, ad analizzare, ad avere spirito critico, a vagliare la veridicità e l’affidabilità delle fonti. L'università non forgia prodigi dell'intelletto o futuri premi nobel; l'università offre uno strumento critico poter affrontare il mondo nella sua complessità e nelle sue contraddizioni. L'università non è un gioco a punti per vincere carta straccia: l'università è un'esperienza che va fatta al tempo giusto e che ti segna profondamente, e positivamente, per tutta la vita.
Non avere una laurea non è una colpa, sia ben chiaro, ma il non averla conseguita è un vero peccato per chi esercita una professione intellettuale, come quella di giornalista o di ministro. Altrimenti si finisce per pubblicare più facilmente delle bufale, dar credito a chi vende fumo o riformare un settore importante come l'università conoscendolo solo dal di fuori.
D'accordo, ci saranno giornalisti arguti e colti anche senza laurea, e ci saranno ministri saggi e capaci anche senza aver scalato le più alte vette dell'istruzione, ma, per favore, prima di affidarci alle eccezioni, proviamo a fare le cose normalmente.