Testimone di una
stagione poetica folgorante, colma di trasalimenti amorosi, di ispirazioni
paniche, di catarsi giovate dall’equilibrio con la natura e di impetuosi
parossismi, Alcyone di Gabriele D’Annunzio (disponibile in numerose edizioni)
è uno tra i più marcati segni di capolavoro decadente della letteratura.
Attraverso gli
ottantotto componimenti del libro, senza risparmiare manierismi e retorica, il
Vate mette sulla carta affettazione e sincerità combinandole in sincretismo
tanto perfetto da suscitare la religiosa contemplazione del lettore. Tuttavia,
tra un verso e l’altro è possibile notare qualche punto in cui le emozioni
vengono trasudate dall’animo del poeta e trascritte sinceramente, forse per
provvida sbadataggine, senza sottostare al vaglio serrato dell’autore,
ineccepibilmente incline al periodare difficile e fin troppo elegante. E allora
la retorica e l’affettazione si assopiscono per dare spazio alla potenza del
verso, finalmente spogliato d’ogni fronzolo superfluo e incorruttibile nella
inimitabile musicalità dannunziana. Emblematico è il caso de La sera Fiesolana o de La pioggia nel Pineto; così anche per le
meno celebri come Innanzi l’alba, Meriggio, Le Stirpi Canore.
La compagna del
protagonista è soprannominata Ermione, l’ambientazione è marina, il periodo
estivo: trasfigurandosi nel mitico Glauco, il Vate si gode il periodo più
ricco, proficuo e fortunato della sua attività poetica, ammirando le bellezze
circostanti – che vanno dalla Toscana alla Sicilia alla Grecia, da Fiesole alla
Versilia a Siracusa – e celebrando sontuosamente i moti dell’animo, capace di
vibrare alla minima sollecitazione e abile nel vedere poesia persino in una
folata di vento.
Siracusa,
immortalata nel componimento dal titolo L’Oleandro, viene descritta come potente e fascinosa città
dall’indimenticabile rogo del cielo vespertino, dal maestoso porto somigliante
a un grande arco teso dalla sua stessa potenza, e ravvivata dai colori forti e
belli del fiore dell’oleandro. D’Annunzio cita apertamente Ortigia, il
Plemmirio e l’Acropoli di Siracusa, scegliendola come contesto idoneo per i
suoi sogni trionfali senza nascondere il desiderio di vedersi cingere la fronte
dall’oleandro piuttosto che dal lauro: oggi, forse, inorridirebbe alla vista di
qualche Piazza siracusana barbaramente spogliata.
SIracusa - Piazza Duomo senza oleandri |
Oleandri a Piazza Duomo |
Oleandri a Piazza Duomo |