
La storia, ambientata nella provincia
nordamericana, è fitta di elementi che possiamo ritrovare nello storytelling televisivo che sta attualmente
conquistando il pubblico più giovane a livello globale: studenti che
frequentano una high school, cittadine
tranquille nell’apparenza ma cariche di misteri, piccole comunità dove il
gossip si accompagna a misteriosi eventi che, oltrepassando il tragico,
rivelano a volte una dimensione soprannaturale. Nel caso di Esper si va ben
oltre il cosiddetto mistery per
approdare appunto a un genere letterario più incline al paranormale, fatto di
streghe, sensitivi, lupi mannari, magia e riti esoterici. Come nelle più
classiche delle storie fantasy, il bene e il male vengono rappresentati in una
lotta spietata che miete vittime da entrambe le parti, e nella lotta i
protagonisti acquisiscono sempre più poteri soprannaturali o conoscenze occulte
che serviranno nelle successive battaglie.
I temi che vengono toccati dal romanzo
sono quelli che appassionano il cuore dei liceali: l’amore, l’amicizia, la
sessualità, il bisogno di trovare il proprio posto nel mondo, o forse, più
semplicemente, all’interno del gruppo.
In ultima analisi, il messaggio principale
del libro potrebbe condensarsi nel tentativo di guardare a fondo l’animo umano,
con la certezza di trovarvi una complessità più preziosa (ma anche più
contraddittoria) delle semplici apparenze: chi sembra buono nasconde delle
tracce dark, chi è cattivo può a
volte rivelare una dose di bontà, chi ha dei modi bruschi non manca di
tenerezza e affetto, chi è dotato di un’esteriorità perfetta può nascondere una
bruttezza ripugnante nel proprio intimo.
Il romanzo è corposo e le scene sono ben
costruite perché rivelino aspetti dei personaggi con il giusto ritmo. La
narrazione è resa in prima persona e, proprio come nelle serie televisive,
alterna il punto di vista dei personaggi principali, seguendone e sviluppando
le cosiddette storyline. C`è da dire,
infine, che non sembra felicissima la scelta di introdurre un diario per
spiegare, in poche pagine (troppo poche se paragonate al respiro dell’opera),
degli antefatti troppo complessi per essere affrontati in uno spazio tanto
ristretto senza compromettere la chiarezza. Il linguaggio, poi, sebbene non abbia
velleità estetiche ma spieghi bene quello che l’autrice si prefigge di
descrivere o raccontare, presenta una coesistenza di registri a tratti troppo
diversi tra loro, che lasciano trapelare ora espressioni eccessivamente formali,
ora colloquialismi che andrebbero evitati al di fuori dei dialoghi o del
discorso diretto.
Nel complesso il romanzo è gradevole e può
appassionare con facilità i lettori e le lettrici che apprezzano questo genere.