lunedì 1 maggio 2017

Alcyone: D'Annunzio, l'oleandro e Siracusa (recensione)



Alcyone
Testimone di una stagione poetica folgorante, colma di trasalimenti amorosi, di ispirazioni paniche, di catarsi giovate dall’equilibrio con la natura e di impetuosi parossismi, Alcyone di Gabriele D’Annunzio (disponibile in numerose edizioni) è uno tra i più marcati segni di capolavoro decadente della letteratura.
Attraverso gli ottantotto componimenti del libro, senza risparmiare manierismi e retorica, il Vate mette sulla carta affettazione e sincerità combinandole in sincretismo tanto perfetto da suscitare la religiosa contemplazione del lettore. Tuttavia, tra un verso e l’altro è possibile notare qualche punto in cui le emozioni vengono trasudate dall’animo del poeta e trascritte sinceramente, forse per provvida sbadataggine, senza sottostare al vaglio serrato dell’autore, ineccepibilmente incline al periodare difficile e fin troppo elegante. E allora la retorica e l’affettazione si assopiscono per dare spazio alla potenza del verso, finalmente spogliato d’ogni fronzolo superfluo e incorruttibile nella inimitabile musicalità dannunziana. Emblematico è il caso de La sera Fiesolana o de La pioggia nel Pineto; così anche per le meno celebri come Innanzi l’alba, Meriggio, Le Stirpi Canore.
La compagna del protagonista è soprannominata Ermione, l’ambientazione è marina, il periodo estivo: trasfigurandosi nel mitico Glauco, il Vate si gode il periodo più ricco, proficuo e fortunato della sua attività poetica, ammirando le bellezze circostanti – che vanno dalla Toscana alla Sicilia alla Grecia, da Fiesole alla Versilia a Siracusa – e celebrando sontuosamente i moti dell’animo, capace di vibrare alla minima sollecitazione e abile nel vedere poesia persino in una folata di vento.
Siracusa, immortalata nel componimento dal titolo L’Oleandro, viene descritta come potente e fascinosa città dall’indimenticabile rogo del cielo vespertino, dal maestoso porto somigliante a un grande arco teso dalla sua stessa potenza, e ravvivata dai colori forti e belli del fiore dell’oleandro. D’Annunzio cita apertamente Ortigia, il Plemmirio e l’Acropoli di Siracusa, scegliendola come contesto idoneo per i suoi sogni trionfali senza nascondere il desiderio di vedersi cingere la fronte dall’oleandro piuttosto che dal lauro: oggi, forse, inorridirebbe alla vista di qualche Piazza siracusana barbaramente spogliata.
SIracusa - Piazza Duomo senza oleandri

(recensione apparsa su Primo tra il 2000 e il 2002 - Foto di R. Capozio tratte da questo portale)
 
Oleandri a Piazza Duomo
Oleandri a Piazza Duomo