Protagonisti dal genio incompreso o
dall’estro sfuggente potremmo definire i due simpatici personaggi principali di City, l’ultimo* romanzo (edito da Mondadori) di Alessandro Baricco.
Shatzy Shell è una ragazza che si dà da fare
per sbarcare il lunario con lavoretti saltuari da telefonista, baby sitter e
infermiera: il suo pallino è creare un film western, e tra una pausa e l’altra
non mancano le occasioni in cui annota sul nastro magnetico di una musicassetta
le illuminazioni improvvise che le balenano per la testa; spesso, poi, si
diverte a dipanare l’intreccio dell’affascinante trama raccontando agli amici
le vicende dei suoi eroi.
Gould, invece, è un ragazzino di tredici anni
laureato in fisica. Ha per amici due tipi molto strani, un gigante e un muto,
entrambi partoriti dalla sua fantasia, che gli tengono compagnia e non lo
lasciano un momento solo. È in lui una malinconica ricerca di voler
assomigliare a qualsiasi comune ragazzino della sua età anziché fare il ricercatore
universitario, e gli sprazzi della sua potente immaginazione lo inducono a
inventarsi la storia di Larry, un pugile che conquista il titolo mondiale.
Shatzy e il piccolo Could non hanno nulla in
comune, eccetto l’uso sfrenato della vena affabulatoria e la solitudine: lei
costruisce un western, lui un vaneggia di jab e montanti; lei non riesce a
trovare una persona che la comprenda fino in fondo, lui non trova un coetaneo
che gli sia veramente amico.
L’intero romanzo procede per gradi,
sviluppando diverse storie e seguendo svariate tracce. Il punto di contatto tra
di esse (come, del resto, anche il punto saliente che svela il senso di tutto
il libro) lo si ritrova solo nelle ultime battute, in pieno stile di Baricco,
autore abile e scaltro nel “prepararsi il terreno” con piacevole scorrevolezza
per tante e tante pagine e sferrare il colpo finale quando il lettore meno se
l’aspetta. Ecco allora aprirsi un varco tra le numerose piste: e, come una
freccia, l’astuzia del narratore trapassa una a una tutte le vicende che
sembravano nell’apparenza slegate, unendole insieme nello stupore generale.
Il contesto metropolitano, cui si rende
omaggio nel titolo dell’opera, risulta frammentato e composto di schegge
autonome e totalmente distaccate le une dalle altre: alla malinconia e alla
voglia di evadere dalla realtà, dunque, aleggia in tutto il romanzo una triste
impotenza di fronte all’incomunicabilità dei propri pensieri.
City è un libro consigliato a coloro i
quali credono che attraverso l’ironia, e alcune volte anche attraverso pensieri
ai limiti del surreale, possano esprimersi serie e agghiaccianti verità.
(*recensione apparsa su Primo tra il 2000 e il 2002)