Siamo sinceri: le
storie di Montalbano non reggono. Almeno per la logica di certi passaggi. Un
intero
libro (o un’intera puntata) per scoprire che poi l’assassino era il
figlio. Nella realtà, basta un esame veloce per rilevare tracce di polvere da
sparo sulla pelle e sui vestiti di un sospettato, anche a distanza di molti
giorni dopo aver premuto il grilletto, per cui il caso sarebbe chiuso tre
minuti dopo la sigla d’inizio. La realtà raccontata in Montalbano non è, per
così dire, verosimile. Almeno da un punto di vista del genere poliziesco. Eppure
le storie di Montalbano sono piacevoli, e lo share degli ascolti televisivi lo
conferma, visto che può competere con una partita della nazionale o con
un’edizione fortunata di Sanremo.
Luca Zingaretti e Valentina Lodovini |
Ma cosa rende esattamente
Montalbano così seguito? Vediamo analizzare uno dei tanti possibili aspetti del
successo e declinarlo in tutte le variazioni: la serialità.
Serialità
Montalbano è
seriale. In inglese esistono due parole per indicare due sfumature diverse di
questo concetto: serials e series. I serials sono
caratterizzati da una trama che si sviluppa attraverso più puntate, nelle quali
quasi sempre gli stessi personaggi vengono impiegati, e dove le comparse sono
ridotte. Le series, invece, sono i cosiddetti telefilm, dove la storia si
sviluppa e si conclude nell’intero arco di un solo episodio, e dove pochi
personaggi chiave interagiscono con comparse sempre nuove. Entrambe le
tipologie hanno in comune alcuni elementi che si ripetono e che mettono lo
spettatore a proprio agio, in quanto generano delle aspettative che vengono
puntualmente soddisfatte, come il carattere o la comicità di un personaggio,
certe abitudini, certi luoghi, certe battute… il tutto contornato da oggetti ricorrenti
e persino temi e trame narrative prevedibilissimi. Guardando Montalbano,
possiamo dire che esso ha una natura fortemente caratterizzata delle series,
anche se con qualche debole tendenza ai serials. Per esempio, in Montalbano
è tipico del serial quando il commissario, insieme alla fidanzata Livia, si
affeziona a un bambino nordafricano che poi tornerà da adolescente in un altro,
tragico episodio; oppure le storie del donnaiolo vicecommissario Mimì, che a un
certo punto si sposa e mette su famiglia, evolvendo per lo meno nel suo stato
civile; o ancora, i segni di una vecchiaia incipiente – soprattutto nei romanzi
– quando Montalbano si trova costretto a inforcare degli occhiali da presbite.
Ma, a parte questi pochi elementi secondari tipici dei serials, la serialità di
Montalbano resta confinata nelle series, con storie a sé stanti. Si
tratta di una serialità altamente polarizzata e riconoscibile, tant’è che lo
spettatore può stare anni senza guadare una puntata per poi scivolare agilmente
e all’istante nel mondo del commissario.
Comicità serializzata
Montalbano fa ridere,
così come sono divertenti molti personaggi che lo circondano. Guida una
macchina scassata, sempre la stessa, va in escandescenze se l’ispettore Fazio
lo precede nei ragionamenti, si rifiuta di portare con sé una pistola, è goffo
con le donne e maldestro al volante, alza spesso la voce e ha un linguaggio
colorito. In più deve dirigere un commissariato attorno al quale ruotano
elementi a dir poco bizzarri: un centralinista dialettofono che storpia i nomi
di chi chiama, un ispettore con l’ossessione per i dati anagrafici, un vice che
è sempre distratto da avventure extraconiugali, un medico legale bizzoso e
dedito al turpiloquio, un pubblico ministero pervertito che spiega tutti i
delitti con la pista passionale e sessuale; un questore che rappresenta il
ritratto del tipico superiore stronzo. Una gabbia di matti, insomma: l’habitat
naturale di Montalbano è una vera e propria corte dei miracoli.
Sessualità serializzata
La svedese Isabel Sollman (nei panni di Ingrid) insieme a Luca Zingaretti |
Zingaretti e Belén |
Non manca una
puntata in cui il commissario Montalbano non sia insidiato da una bella donna.
Che sia la svedese Ingrid (altro luogo comune, tanto scontato quanto i suoi
occhi azzurri e i suoi capelli biondi) o la bruna siciliana impersonata a turno
da attrici avvenenti come Belén, la tentennante fedeltà di Salvo Montalbano
alla fidanzata Livia è sempre messa a dura prova. Livia è dolce e lontana.
Montalbano è tentato nei sensi da sempre più audaci ed emancipate donne che,
fatta eccezione per la nordica Ingrid, stravolgono lo stereotipo della
“femmina” siciliana morigerata e docile. La donna nei racconti di Montalbano è
presentata spesso come oggetto sessuale, dagli abiti succinti e dalla bellezza
primitiva e ferina, pronta a prendere l’iniziativa nel baciare inaspettatamente
qualcuno e determinata a non tirarsi indietro quando l’erotismo sconfina nella
promiscuità, nella leggerezza, o addirittura nella perversione. Non c’è molto
spazio per la psicologia: la fisicità e la passione hanno il sopravvento, così
come non sorprende che uno stereotipo della donna tanto maschilista e
rassicurante determini il successo della serie.
Golosità serializzata
Montalbano, Pasquano e i dolci |
Non c’è puntata
che non mostri cannoli e cassate, arancini e frittura di pesce, spaghetti alle
vongole e spaghetti al nero di seppia, pasta con le melanzane e triglia di
scoglio, polpi e calamari, vini corposi di uve maturate al sud e whisky
sorseggiati sulla verandina con vista mare. La cucina e la pasticceria
siciliana hanno tanto da offrire, e Camilleri non si tira indietro. Gli spettatori,
se non possono sentire sapore e profumi, nutrono almeno i propri occhi con
immagini da food porn. Anche qui, l’appello alle pulsioni più ataviche è una
chiave scontata al successo, specialmente se viene ripetuta con insistenza. E anche
il caffè che prepara Adelina, in Sicilia, sembra essere di una bontà
inaccessibile ai milanesi.
Pseudo-siciliano serializzato
Luca Zingaretti,
attore romano di estremo talento, mette in scena un accento che ingannerebbe
quasi tutti i siciliani. La cadenza è ottima, il linguaggio è sapientemente
farcito di un “minchia” e un “babbiàmo” qua e là, che fanno tanto Sicilia. Il
problema, però, è che la lingua in Montalbano non è il vero siciliano, ma il
siciliano che i non siciliani si aspetterebbero di sentire in Sicilia. A furia di ripetere
sempre le stesse parole, gli spettatori hanno imparato cosa sono i “cabasìsi” e
quante volte possono essere rotti in una puntata.