Nino ha
ventitré anni e una gran voglia di prendere in giro tutti quelli che si
imbattono nel suo cammino. Ha l’aria scanzonata e irriverente, la battuta
sempre pronta e un’innata capacità di stare al centro dell’attenzione, resa
ancora più tagliente ed efficace da qualche lezione di recitazione. È un
ragazzo che si atteggia a intellettuale per mascherare le proprie insicurezze,
o forse per nascondere le proprie paure, e che irrimediabilmente finisce per svelare
delle venature di goffaggine e immaturità. Eppure ha un cuore generoso e leale
nei sentimenti, e questo lo rende simpatico a tutti.
Teresa
è bellissima, sulla trentina, è molto seria e posata, responsabile, coi piedi
per terra, anche se con la testa viaggia lontano per perdersi in sogni intimi e
segreti.
Lui,
insomma, si trova nel prolungamento dell’adolescenza, mentre lei è nella prima
fase della piena maturità; lui scherza sempre e lei è riflessiva; lui è
estroverso e chiacchierone, lei introversa e un po’ timida. Ecco, allora, che
ci sono tutti gli ingredienti per una storia d’amore tanto impossibile quanto
inevitabile.
A far
scoccare la scintilla è un incontro casuale fuori, da un teatro. È un incontro
che somiglia a un “arco elettrico che si accende fra le estremità di metalli
giusti e li scalda”, ed è tanto fortuito da far pensare a un “minuscolo
incidente della geografia e della storia, […] [perché] fra milioni di
chilometri quadrati e di anni, [Nino e Teresa si ritrovano nel] lo stesso
marciapiede, da questa parte dell’universo, un lunedì di fine ottobre, dodici
minuti dopo le sette di sera.”
Teresa
è la prima ragazza che mette in difficoltà la sicumera di Nino: il suo modo di
abbordare le fanciulle con metodi collaudati e affidabili sembra scricchiolare.
Teresa è diversa, perché gli fa fare cose diverse rispetto al copione standard
delle sue relazioni acerbe di ventenne alle prime armi con l’altro sesso. Con
Teresa comincia un viaggio, un viaggio che ha a che fare più con l’intuizione e
la spiritualità.
A dire il vero, il viaggio è un tema
ricorrente nel romanzo. Di Paolo lo
presenta in diverse forme. Per esempio, il lavoro di Teresa presso un’agenzia
dove pianifica lune di miele e gite per anziani, dove di tanto in tanto vende
un biglietto del treno o verifica i prezzi di una compagnia aerea, ma dove
spende la maggior parte del tempo a sognare di viaggiare guardando il grande
planisfero che sta alle sue spalle. Teresa è fissa sulla propria sedia, non ha
bisogno di viaggiare fisicamente perché ama farlo con la testa. L’unica
eccezione a questa staticità avviene quando Teresa prenota un volo dall’oggi al
domani per raggiungere qualcuno a cui teneva ma dal quale non si vede
ricambiata. È uno dei suoi rarissimi colpi di testa che contravvengono alla sua
pacatezza: un viaggio dettato dalla sua grande capacità e necessità di amare,
un viaggio che, invece, le presenterà la realtà brutalmente, che le farà
sentire il dolore fisico oltre che nell’animo.
C’è poi
un viaggio ancora più doloroso, quello della malattia, che dà una scossa alla
prospettiva da cui vedono il mondo (e forse anche se stessi) i protagonisti. È
il viaggio di colei che narra la storia, e che guarda questa storia d’amore fin
dalle prime battute lasciando che il lettore si interroghi sul finale.
Insieme
al dolore, però, c’è soprattutto spazio per l’innalzamento, la redenzione,
ovvero il viaggio inteso come elevazione spirituale di benedizione, di
preghiera e di estasi. L’amore diventa pertanto visibile in un contesto mistico,
nella metafora di una transverberazione, come nel capolavoro di Bernini che
viene contemplato dalla coppia in una chiesa di Roma. È proprio lì, nell’intimo
e nel silenzio di quel luogo sacro, alla vista della scultura dedicata alla
santa di cui lei porta il nome, che i due si scambiano una specie di
dichiarazione: “La vedi quella scritta in latino, lassù, tenuta in mano dalla
piccola folla di angeli? Dice così: se non avessi creato il paradiso, lo farei
anche ora solo per te. Sembra una dichiarazione d’amore, ha detto Nino. È una
dichiarazione d’amore, ha detto Teresa.”
Infine,
il viaggio come promessa. Se l’amore è vero, il viaggio deve essere intrapreso
da tutti e due. Non può essere uno solo a partire: ci si deve spostare per
forza insieme, quando si ama. E allora, scoprire se Teresa – così riluttante ai
viaggi veri, così prudente e immobile - accetterà l’invito a partire con Nino, significherà
anche scoprire se tra i due c’è stato, c’è e ci sarà vero amore.
Una storia quasi solo d’amore (Paolo di Paolo 2016, Feltrinelli, pp. 171) è un
romanzo che racconta con delicatezza i sentimenti, le paure e le sfide dei
nostri giovani. Il libro ha un ritmo piacevole, fatto di sezioni brevi e
incalzanti. La scrittura è immediata, e risulta convincente e schietta proprio
perché priva dei più rassicuranti filtri retorici. Nella sua immediatezza si
nota anche la descrizione della società e delle relazioni umane, che si muovono
con un meccanismo ben oleato sullo sfondo, e che vengono presentate con le loro
credibili contraddizioni e le loro immancabili bellezze. Certamente le
relazioni umane, prima di ogni cosa, arricchiscono questo romanzo, oltre a
spiegare la parola “quasi” che è presente nel titolo.